Premessa
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Comincerò a chiederti di una città a scale,
esposta a scirocco,
su un golfo a mezzaluna.


Italo Calvino, "Le città invisibili", 1972




In questo libro parlo di Napoli.

O, per meglio dire, attraverso il racconto di un'antica fiaba vorrei descrivere quanto di ricordi sensazioni immagini ed emozioni un mio fortuito ritorno a Napoli, ha evocato.
L'occasione è stata un breve soggiorno a Capri, dove andai, insieme a colleghi che ho cari, a presentare un lavoro in un congresso di scienziati.
Raccogliere in sintesi sulla carta, in un qualche ordine ricercato con fatica, almeno un po' di quanto emergeva in quei giorni (e nelle passeggiate notturne) è un compito che mi sono imposto; soprattutto per chiarire a me stesso di cosa sia fatto il rapporto che mi lega alla mia Città.

Un doveroso avviso per il lettore: non cerchi tra queste pagine l'esattezza.
Di ciò che descrivo, molto è frutto di fantasia; anche degli itinerari delle mie passeggiate, qualcuno, pure se si sviluppa tra luoghi reali, è assolutamente immaginario.
Ma, ancor più, nessuna delle informazioni che riporto mi sono preso cura di verificare: la mia professione già mi costringe a farlo, e con la più assoluta puntigliosità, su tutta la documentazione tecnica che scrivo per lavoro!
Del resto, la Napoli di cui scrivo non ha per me alcuna pretesa di essere reale: è invece quella che sento e che ricordo, forse distante, forse anche molto, da quella vera.

Ma esiste, poi, una Città reale?
O non esiste piuttosto in ciascuno di noi una Città che sogniamo, e che giorno per giorno confrontiamo con quella in cui viviamo?
Se mai Napoli, talvolta, delude, è per le troppe aspettative che suscita in chi la ama.

La mia Città è un luogo dell'immaginazione, scenario di tutte le favole dell'infanzia al pari dei racconti di famiglia.
Le prime, lette e rilette (fino a conoscerle a memoria) su quell'enorme volume rilegato in stoffa, la prima edizione delle fiabe italiane di Italo Calvino, che per linguaggio ed immagini, a noi bambini appariva enorme ed antico.
I secondi, che ascoltavamo rapiti dalla voce di una zia di mio padre.
Costretta in vecchiaia su una poltrona, ripercorreva per noi i tempi di quando era giovane e (a sua detta) bella.
Tra grandi avvenimenti e piccoli fatti si intrecciavano così nel suo racconto luoghi presenti e persone ormai assenti ma, nelle sue storie, straordinariamente vicine.

Di generazione in generazione, un ponte di racconti scambiati tra zie e pronipoti percorre a ritroso tutta la Storia dell'Umanità, fino a quel nebbioso mattino di ottobre, quando, per amore e per prodigio, la Città venne alla luce...



continua: 1 L'isola delle sirene
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