morte accidentale di un Logotheta
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(pubblicato da Edizioni ETS, Pisa, 1998 - esaurito)




2. Pier delle Vigne : inizia la ricerca

All'inizio, sono partito dai libri che erano già nella mia biblioteca e da altri, che sono andato acquistando. Ho poi consultato e ricopiato testi più antichi nella biblioteca universitaria della Sapienza, giungendo infine all'Archivio di Stato di Pisa per avere tra le mani un codice manoscritto del XIII secolo.

Non ho rintracciato pubblicazioni sull’argomento specifico.
Eppure la mia ricerca non deve essere originale; ho anzi la certezza che altri l'abbiano già condotta. Difatti, su alcuni dei testi consultati ho trovato, in corrispondenza dei passi più rilevanti per questo lavoro, appunti al margine tracciati con penna stilografica da una calligrafia puntuta ed altri a matita, più rotondi e recenti.
Questi si rimandavano da un testo all'altro, quasi fosse una caccia predisposta; ed io ho fatto uso di quelle indicazioni come di una bibliografia aggiuntiva.
Inizialmente la raccolta d’informazioni si è scontrata con il fitto muro di leggende fiorite intorno all’episodio.

Antichi commentarii danteschi riportano molte congetture, che allargano il ventaglio delle ipotesi. Racconti simili tra loro si leggono in Benvenuto da Imola e nel Boccaccio. Per tutti riporto qui un brano della bella prosa del Landino, che le riassume:
    “... di che incorse in tanta invidia di molti Baroni di quella Corte, ch'alcuni astutamente con lettere contraffatte, & con testimoni subornati, & falsi, poterono persuadere all'Imperatore, che Messer Pietro havea secreta prattica con Papa Innocentio, allhora nemico dell'Imperatore, c'haveva rivelatogli secreti d'importanza. Federico troppo credulo lo fece abbacinare, in forma che rimase cieco, & privollo della dignità”.
Sulle circostanze della morte riporta poi romanzati racconti di invenzione del Boccaccio, e di suo vi aggiunge:
    "Altri dicono, c'havendo fatto abbacinar l'Imperatore, il qual in quei tempi era in S.Miniato al tedesco, lo fece porre a cavallo, & condur a Pisa, & quivi passato dinanzi la Chiesa di S. Andrea domandando dove fosse, & intesolo poté in lui tanto lo sdegno d'esser stato falsamente accusato, & condannato, che tanto percosse il capo nel muro, che s'uccise. Altri dicono, che s'uccise essendo incarcerato, altri ch'essendo in Capua nel suo palazzo, & passando l'Imperatore si gettò dalle finestre.”
Racconti non privi di colore.
A prescindere dalla loro verosimiglianza, ciò che appare singolare è il fatto che intorno alla fine di un uomo pubblico così illustre e potente si accavallino racconti ma manchino informazioni certe. E ciò nonostante fosse abitudine di quella corte tenere un registro giornaliero di eventi anche minuti.
Il fatto è che la repentina ed inattesa disgrazia creò intorno alla sua figura un oblio storico.
Negli atti del regno il nome di Pier delle Vigne appare dopo la sua morte solo per la decretazione sulla destinazione dei beni confiscatigli ed in alcune lettere in cui l'Imperatore confida il dolore per la scoperta dell’infedeltà; nella lirica "di dolore mi convien cantare", che pure si riferisce allo stesso episodio, Federico non lo cita apertamente.
La successiva morte di Federico pochi mesi dopo determinò il distacco, perdurato sei secoli, delle sorti del Regno di Sicilia dal resto dell’Italia. Il nome di Pier delle Vigne scompare definitivamente dai documenti ufficiali: in tutto è citato una sola volta, in un atto legale di Corrado, solo per chiamarlo traditore.

Dante, che invece ne ammirava l'opera (come si riscontra dalle convinzioni politiche espresse nel de Monarchia) è dunque uno dei pochi a ricordarlo dall’epoca della sua disgrazia ed è sicuramente il primo a farlo in termini positivi, tentandone anche una riabilitazione. E lo fa esplicitamente, mettendo in bocca a Pier delle Vigne la richiesta:
    E se di voi qualcun nel mondo riede,
    Conforti la memoria mia, che giace
    Ancor del colpo che ‘nvidia le diede.
Comunque Dante, raccogliendo per buone le dicerie popolari sulla sua sorte, ed aggiungendovi di suo un po' di sana passione politica, non è di aiuto nell'accertamento della verità storica; ha anzi avuto una parte importante nell'alimentare le leggende.
Uscendo dal contesto dantesco, le monografie che ho trovato su Pier delle Vigne sono scarse e poco recenti. Un’interessante polemica ottocentesca, che si dipana su più libretti, è quella svolta tra il canonico capuano Gabriele Jannelli, già direttore del Museo Campano, e l'avvocato Giuseppe Faraone di Caiazzo, per disputarsi il luogo di nascita di Pier delle Vigne, ciascuno a pro del proprio Comune.
Di vere biografie, oltre al buon testo francese di Huillard-Bréholes, ne ho rintracciate solo due di autori italiani: De Cesare e De Blasiis, entrambe scritte subito dopo l'unità d'Italia con intenti più ideologici che di ricerca storica.
Prescindendo dalle vicendevoli accuse di guelfismo e di ghibellinismo e dai tentativi di dimostrare o confutare l’intenzione di Pier delle Vigne di creare uno stato Italiano unitario, delle due solo quella di De Blasiis si salva da una verifica dei dati riportati con quelli oggi storicamente accertati.
Sulle accuse a carico di Pier delle Vigne registra e commenta differenti ipotesi da molte fonti. Sull’argomento così termina:
    “Ed alle accuse poco probabili di essersi dato al Pontefice, si oppone un antico anonimo, ed afferma invece che, richiedendo il Papa Federico di pace, Pietro come turbatore di questa venisse accusato”.
L’antico anonimo citato è in Dal Borgo.
E’ questa una monografia settecentesca sulle vicende della Repubblica Pisana, interessante e di piacevole lettura, che a mio giudizio meriterebbe una ristampa anastatica. Vi si legge:
    “Fu egli dal suo padrone nel Castello di San Miniato fatto acciecare con ferro infuocato, e di poi mandato a Pisa per essere esposto alla derisione del popolaccio; ma nel cader dal mulo, che lo portava, s'infranse talmente il capo, che morì, ed in Pisa fu sepolto nella Chiesa di Sant'Andrea.”
La fonte è un codice manoscritto proveniente dall’Archivio dello Spedale, del quale trascrive il testo:
    “(Fredericus) ... dum in Arce San Miniati degeret et Scripta Apostolica legeret pacis oblativa, Petrum de Vineis, tamquam pacis turbatorem cum candenti ferro fecit exoculari et Pisas ut interficeretur a pueris destinavit; qui in terram de mulo corruens, se ipsum excerebravit, et quidem desperatus in Ecclesia Sancti Andreæ in Barattularia decessit.”
La mia traduzione letterale è:
    “(Federico) ...mentre risiedeva nella rocca di San Miniato e leggeva gli Scritti Apostolici che offrivano pace, fece accecare con ferro rovente Pier delle Vigne, in quanto turbatore della pace, e lo destinò a Pisa perché fosse esposto alla vergogna popolare; il quale, cadendo in terra dal mulo, si fracassò il cranio e dunque (trasportato) agonizzante nella Chiesa di Sant'Andrea in Barattularia, (vi) morì”.
A commento annoto:
  • gli Scripta Apostolica ritengo siano missive di papa Innocenzo IV contenenti richieste di accordo (pacis oblativa);
  • la frase ut interficeretur a pueris, che letteralmente si traduce “per essere ucciso dai fanciulli” aderendo alla traduzione che ne fa Dal Borgo sono propenso a credere sia una formula legale o più semplicemente popolare per indicare la gogna.
Nell'Archivio di Stato di Pisa ho rintracciato il documento in questione; il suo aspetto corrisponde a quello descritto da Dal Borgo più di due secoli fa:
    “Nell’Archivio dello Spedale di Pisa già detto lo Spedale di Papa Alessandro, ora lo Spedale Nuovo, o di S. Chiara, si conserva un antichissimo Codice scritto a Penna in Cartapecora, coperto di Tavole foderate di cuojo nero, e difese da otto borchie d’Ottone affisse alle medesime.”
Di mio aggiungo che il codice in questione riporta i Privilegi concessi allo Spedale di Pisa. Si compone di 36 fogli; il testo manoscritto si interrompe al foglio 32r; il testo, nel quale si riconoscono molte calligrafie, presenta iniziali di capoverso in rosso e blu a partire dal foglio 3 e nessuna miniatura; sono presenti sporadiche annotazioni al margine; i 32 fogli manoscritti e numerati in cifre arabe sono raccolti in tre quinterni; a questi se ne aggiunge un quarto, in pergamena meno ingiallita, composto da 4 fogli non scritti e non numerati.
Per gli interni di copertina fu fatto uso di porzioni di pergamene con testi giuridici a più colori e glosse ai margini. Gli ultimi fogli diversi, la legatura, la copertina rigida in cuoio scuro a disegni sbalzati con le borchie d’ottone e resti di lacci di chiusura mi appaiono più recenti della parte manoscritta.
Questa sembra compilata in più tempi ed in massima parte è costituita da trascrizioni su pergamena di precedenti documenti.
L’ultima notizia menzionata è del 1328, ma probabilmente le prime scritture (tra cui quella su Pier delle Vigne) sono di poco successive alla fondazione dell’Istituto, che risale al 12 luglio 1258, data in cui con una bolla di Papa Alessandro IV si decreta l’accorpamento di tutte le precedenti strutture ospedaliere presenti in città.

Il codice si apre con la descrizione di alcuni eventi relativi ai rapporti di Federico con Pisa, a partire dalla battaglia navale che i pisani vinsero il 3 maggio 1240 contro le navi che trasportavano molti prelati diretti a Roma per un Concilio indetto da Gregorio IX. L’episodio, che ovviamente aveva creato attrito tra la Repubblica ed il papato, venne evidentemente in qualche modo “risarcito” con la creazione (e la gestione) degli Spedali Riuniti, fino ad allora in carico a differenti ordini religiosi.

All'ultima riga del foglio 2r inizia il brano d’interesse che procede sul 2v, ed è qui riprodotto ricongiunto.
La leggibilità della riproduzione da microfilm è sicuramente pessima. Pur tuttavia, fidando nella bontà della già riportata trascrizione, si riesce a leggerla quasi per intero.




copia del testo manoscritto nel Codice Ospedaliero Pisano


Sull'attendibilità del manoscritto si pronuncia Dal Borgo, che verifica il positivo riscontro dei fatti narrati con le fonti storiche, prima fra tutte il Regesto di Federico. Si compiace anche del suo rinvenimento, del quale dice:
    “Siccome adunque in principio di questo Codice si contiene l’Istoria, di cui parliamo; e questa viene precisamente comprovata dalla Relazione di tal fatto, che scrisse l’Imp. Federigo II, [...] così io, ed in prova di quanto vado affermando, e per soddisfazione del mio erudito Leggitore, stimo cosa ben fatta di doverla qui pubblicare; tanto più, che non è stato mai, per quanto si conosce, neppur veduto da altri, che prima di me scrissero di Cose Pisane, questo sì prezioso Monumento della venerabile Antichità”.
Ad ulteriore sostegno dell’attendibilità del codice pisano aggiungo che l’anonimo cronista che all’atto della fondazione dello spedale ricopiò su pergamena il contenuto di atti precedenti per consentirne la futura consultazione disponeva sicuramente delle carte provenienti dallo spedalino di Barattularia e dunque è possibile leggesse un “atto di ricovero” di nove anni prima.



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